mercoledì 24 aprile 2013

The Anglo-Italian Theatre Company. Bifronte del palco


«Ci sono queste due attrici inglesi che a tratti recitano in italiano. No, è il contrario, mi sa. L'attore finge di non sapere l'inglese vero ma fa benissimo l'inglese finto! Niente, due divani, un tavolino e, metti, tre sgabelli: non ricordo il termine, sai, ma è uno di quei casi scenici in cui la recitazione fa anche da scenografia: direi tutto molto bello» sentivo qualcuno raccontare al telefono all'uscita dal teatro, dopo la prima di

Love in translation - Terapia a tre

andato in scena venerdì 19 e sabato 20 aprile allo Spazio Verde del Parco della Montagnola a Bologna. Concepito dalle attrici Silvia Lamboglia e Lottie Williams-Burrell, anche registe e sceneggiatrici, questo spettacolo - primo frutto maturo di una primavera teatrale bolognese timida ma in gamba - è scritto e interpretato contestualmente in tre lingue: English, Italian e un inglese maccheronico effettivamente ricamato sul profilo dei nostri errori ricorrenti (è per questo che si ride di gusto sin dall'inizio); una lingua della speranza di fattura italiana, limpida e vibrante nelle corde di Silvia Lamboglia e sfoggiata senza paura dalla Williams-Burrell, con notevole e divertita presenza di spirito.

Love in translation - Terapia a tre
Foto di scena di Marco Mioli
pubblicate sul sito ufficiale

Nel ruolo dell'unico partner maschile, Davide Montemarano regge sul palmo della mano l'intersezione dei tre fili narrativi, tesi sin dalla nostra fila al botteghino: in piedi sul prato, davanti al gigantesco ottagono dalle porte a vetri, potevamo già intravedere il cast al lavoro frenetico dietro le quinte e, dall'altra parte, surreale come in una clip affiancata, il pubblico che iniziava ad accomodarsi. In mezzo a loro, il palcoscenico: tanto freddo da vuoto quanto in fretta sa coinvolgerti e farti dimenticare di te non appena si riempie.

Se la recitazione di Love in translation è una vertiginosa iperbole di contaminazioni interlinguistiche, la trama si sofferma con grazia sugli inevitabili gap connaturati alla comunicazione verbale e umana. Nella struttura complessa che lega i due fidanzati (Montemarano e Lamboglia) alla loro terapista di coppia (Williams-Burrell) non mancano dunque l'inatteso, gli equivoci, il personaggio interposto né la soluzione inaspettata: le due autrici, insegnanti di teatro in lingua inglese presso la loro The Anglo Italian Theatre Company, sanno calibrare con piacevole scioltezza sia l'intento ludico che quello didattico, tanto che persino un bimbo di pochi mesi, dal fondo sala,  si è inserito puntualmente in più di un dialogo. Siamo usciti soddisfatti e rilassati anche se avevamo riso di noi stessi. Con doppia intonation.

Mi sono chiesta, durante e dopo, come sarei riuscita a rendere giustizia a questo spettacolo, esilarata com'ero e priva di mezzi critici come, ahimé, sono: provo a venirne fuori proponendo a Silvia Lamboglia, l'unica del trio che ho avuto il piacere di conoscere di persona e  che accetta di parlare dei suoi prossimi progetti, l'annoso quesito: ma se ci fossero dei cavalli, li cavalcherebbe lei o avrebbe una controfigura?

Bene, amici di Horse&Hound: la nostra rubrica sul Teatro bilingue a Bologna per oggi è giunta al termine. Ciao, mammiferi curiosi.

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